18 luglio 2016 Lascia un commento
COMUNICATO STAMPA
Crollo del prezzo del grano duro. Fermare subito le importazioni dall’Estero.
Difendere la qualità delle nostre produzioni e la salute dei Consumatori
Sconcerto e disagio tra gli agricoltori Siciliani per le bassissime quotazioni del grano. Una vera mazzata che giunge, al termine di un’annata particolarmente difficile e impegnativa per i produttori che, comunque, hanno visto premiati i loro sforzi avendo ottenuto un Grano di buona qualità, sano genuino e privo di micotossine, quindi una garanzia per la salute dei cittadini. Le quotazioni del grano sono crollate fino a toccare i 16/18 centesimi al Kg. E questo significa – commenta Vincenzo Grassia Presidente Regionale del Gruppo di interesse economico Cerealicolo della CIA -che l’agricoltore opera con una perdita di circa 8 centesimi al Kg. Il motivo principale continua Vincenzo Grassia, è rappresentato dalla concorrenza sleale di Paesi che inondano i nostri mercati di prodotti scadenti a prezzi bassi e senza alcuna garanzia sulla genuinità. Il grano da importazione proviene da Stati il cui clima è molto piovoso, ed il grano trasportato per lunghi periodi nelle stive delle navi, necessita di continui trattamenti antiparassitari che possono favorire la formazione di micotossine altamente dannose per la nostra salute. La Confederazione Italiana Agricoltori di Catania afferma con rabbia che non trovano alcuna giustificazione prezzi così bassi che non fanno che confermare un atteggiamento cinico e speculativo da parte dei trasformatori e degli industriali del settore. Basti pensare che siamo fermi agli stessi prezzi praticati negli anni ’90 del secolo scorso: allora un quintale di grano veniva pagato 30 mila lire, oggi 15 euro con costi di produzione nel frattempo enormemente lievitati che, come si può immaginare, non vengono minimamente coperti dagli attuali ricavi. Con amarezza dobbiamo constatare che cento chili di grano valgono meno di qualche chilo di pane”. Per la CIA ” è a rischio la tenuta della capacità produttiva di cereali del Paese; è inconcepibile che un’impresa affronti costi eccessivi per la campagna di semina e arrivi al raccolto con quotazioni dimezzate”.
E’ difficile comprendere come mai – aggiunge Giuseppe Di Silvestro presidente Provinciale della CIA di Catania – le industrie di trasformazione in Sicilia Preferiscono il prodotto di importazione a quello della nostra terra senza alcun dubbio più sano e migliore, frutto di un clima favorevole che contribuisce non poco a determinare un prodotto di alta qualità , adatto per la buona pasta e per il buon pane. Già alcuni mesi fa a Caltagirone durante una Manifestazione provinciale sulla cerealicoltura, il Presidente Nazionale della CIA Dino Scanavino, denunciò il pericolo dovuto alle importazioni dall’estero, rivendicando maggiore rispetto per gli agricoltori e maggiore attenzione da parte del Governo nei confronti di un’agricoltura ancora oggi volano principale dell’economia del Paese. La Sicilia che produce più del doppio del fabbisogno interno, non può tollerare fenomeni speculativi legati ad un mercato privo di regole che sta mettendo a rischio le nostre migliori produzione e la stessa prospettiva economica delle imprese agricole. Abbiamo ancora sulla pelle gli effetti della crisi dell’Agrumicoltura, dell’ortofrutta, del pomodorino e dell’olio di importazione, dei disservizi e degli alti costi dei Consorzi di bonifica, ed ora anche il grano duro sembra rappresentare il colpo di grazia. Quindi da subito –la richiesta della Cia– verificato che i ricavi del grano mandano in rosso il reddito delle imprese agricole, si chiede alle istituzioni, governo Nazionale e Governo Regionale ad approntare tutte le azioni in grado di ristorare gli agricoltori pesantemente colpiti. In particolare, la Cia chiede al ministro delle Politiche agricole Maurizio Martina di adoperarsi per definire urgentemente un piano nazionale sulla cerealicoltura, puntare sui rapporti di filiera e mettere in atto tutte le misure di salvaguardia contemplate per il grano italiano, ponendo un freno alle importazioni selvagge e permettendo così una fisiologica risalita dei prezzi sul campo.
CIA CATANIA